Internazionalizzazione
Opportunità e rischi globali nel 2023: export italiano e pagamenti

Un’analisi dello scenario macroeconomico globale per il 2023, con un focus sui rischi e sulle prospettive per l’export italiano.
Lo scenario macroeconomico globale in deterioramento nel 2023
Secondo il consensus le prospettive economiche mondiali nel 2023 risultano ancora in deterioramento per effetto di condizioni finanziarie globali meno favorevoli, in un quadro di politica fiscale caratterizzato da spazi di manovra in graduale ridimensionamento; a ciò si aggiungono la progressiva erosione del potere d’acquisto delle famiglie e il rallentamento atteso della produzione industriale. Nei primi mesi dell’anno gli indicatori anticipatori segnalano infatti il persistere di una fase di debolezza del ciclo economico, come mostrato dal PMI manifatturiero globale che si è mantenuto sotto la soglia neutrale (ovvero in flessione su base congiunturale), compensato però dalla dinamica positiva dei servizi.
Crescita a rilento del PIL mondiale
In uno scenario base elaborato da Oxford Economics, ossia a maggiore probabilità di accadimento, il ritmo di crescita del PIL mondiale nel 2023 è stimato pari a +1,7% (Fig. 1), più pessimista, in termini di entità, rispetto alle recenti previsioni del Fondo Monetario Internazionale e dell’OCSE. In questo scenario, l’inflazione mondiale è stimata lievemente in calo al 5,5% (dall’8% circa registrato nel 2022), frenata anche dalla normalizzazione dei mercati delle materie prime (soprattutto energiche, come il gas naturale). È bene però evidenziare qualche segnale di persistenza nel tasso di inflazione core, ossia quello depurato delle componenti più volatili come energia e generi alimentari.
In calo il commercio internazionale di beni
Tra gennaio e marzo il commercio internazionale di beni in volume ha registrato un calo tendenziale pari a -1,2%, in parte spiegato da un effetto trascinamento negativo imputabile agli ultimi mesi dello scorso anno; a maggio la componente di ordini esteri del PMI manifatturiero globale è risultata ancora in zona contrazione, a fronte di un miglioramento significativo delle condizioni di offerta globale, come rilevato dal Global Supply Chain Pressure Index. Ciò suggerisce come la debolezza della domanda, dopo la rapida ripresa post-pandemica, sia la causa principale del rallentamento degli scambi internazionali di merci; a sua volta la domanda sta risentendo negativamente, inter alia, dello spostamento delle preferenze dei consumatori verso i servizi (la cui ripresa è stata invece più lenta) e degli effetti ritardati dell’apprezzamento del dollaro osservato nel corso del 2022 sulle merci importate dagli altri paesi. In media d’anno, il volume del commercio mondiale di beni dovrebbe risultare sostanzialmente in stagnazione (Fig. 2).
Tra incertezza finanziaria e tensioni geopolitiche
Nel complesso, i rischi all’outlook macroeconomico globale restano significativi e orientati al ribasso, imputabili prevalentemente al peggioramento delle condizioni finanziarie globali e alle crescenti tensioni geopolitiche (in primis quelle legate al conflitto tra Russia e Ucraina la cui evoluzione appare ancora molto incerta) riflesse in un aumento dell’indice Global Economic Policy Uncertainty.
Fonte: Oxford Economics (marzo 2023)
Le conseguenze per l’economia italiana
In questo contesto, le prospettive per l’economia italiana si sono indebolite pur rimanendo positive. Dal lato della domanda domestica, è proseguito il miglioramento degli indici del clima di fiducia di consumatori e imprese, sintetizzato dall’Economic Sentiment Indicator. Sul fronte estero, il valore delle esportazioni italiane di beni ha continuato a crescere nei primi quattro mesi del 2023, registrando un incremento del 5,9% tendenziale. Nel complesso, la crescita del Pil italiano subirà un rallentamento rispetto al ritmo registrato nel 2022 (+3,8%), ascrivibile a un andamento più moderato di tutte le componenti della domanda, segnando circa l’1% nel 2023 (Fig. 3).
Tra gennaio e aprile il volume della produzione industriale ha registrato una flessione (-2,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). In termini di raggruppamenti principali di industrie, a incidere su questo andamento sono stati i beni intermedi (-6,7%), energetici (-9,7%) e i beni di consumo durevoli (-4,4%); di contro, i beni strumentali hanno segnato una dinamica positiva (+3,6%). Riguardo alle prospettive di breve termine, l’indice PMI manifatturiero è sceso di nuovo in zona contrazione (sotto la soglia neutrale di 50 punti), frenato in particolare dai nuovi ordini, inclusi quelli destinati all’esportazione, segnalando un possibile ulteriore deterioramento nei prossimi mesi (Fig. 4).
Fonte: Oxford Economics e OCSE (marzo 2023), FMI (aprile 2023), Istat, S&P Global
Export italiano: valori in crescita
Nel 2022 le vendite oltreconfine di beni Made in Italy hanno segnato una marcata crescita (+19,9%) sfiorando così i 625 miliardi di euro. La vivace dinamica riflette un analogo incremento dei valori medi unitari (+19,8%) spinto da rialzi dei prezzi superiori alle aspettative, a fronte di una componente in volume pressoché stazionaria (+0,1%). Le esportazioni dei beni italiani verso i Paesi Ue sono aumentate del 19,7%, con una domanda in forte rialzo da Belgio, Austria e Spagna. Leggermente più sostenuta la performance dell’export verso i Paesi extra-Ue (+20,2%), seppur con andamenti diversificati; in particolare, si segnalano tassi di crescita notevoli per USA, Paesi OPEC e India.
Guardando ai raggruppamenti principali di industrie, i beni intermedi sono risultati in forte aumento (+20,2%), guidato dai valori medi unitari a fronte della contrazione dei volumi esportati (-2,7%). Si confermano particolarmente marcati i rialzi per i prodotti energetici (+89%), i cui prezzi hanno registrato ampi incrementi sui mercati internazionali. La performance dei beni di consumo è stata positiva sia in termini di valori medi unitari che di volumi (+15,7% e +3,7% rispettivamente). Chiudono in accelerazione i beni strumentali – grazie soprattutto a movimentazioni occasionali avvenute in novembre – mostrando tuttavia una crescita nel complesso più contenuta rispetto agli altri raggruppamenti (+13%).
Prospettive positive per l’export italiano
In termini di opportunità per il 2023 e gli anni futuri, l’eredità positiva di Expo Dubai e il piano di investimenti pubblici negli Emirati Arabi Uniti, così come in Arabia Saudita, potranno costituire un volano per le nostre vendite, in particolare di beni di investimento.
In Messico e in Colombia le imprese italiane potranno cogliere opportunità di fornitura integrandosi sempre più nelle catene di approvvigionamento di player nazionali, in settori che spaziano dagli apparecchi elettrici ai mezzi di trasporto, dalla chimica all’agroalimentare.
Se in Asia le potenzialità di mercato della Cina si mantengono elevate nonostante un contesto attualmente meno favorevole, le nostre esportazioni potranno beneficiare di un’impronta trasformatrice del tessuto industriale del Vietnam, specie del tessile e della lavorazione di pelli.
Inoltre, in India le nostre vendite di beni intermedi, come la chimica e la farmaceutica, godranno anche del rapido sviluppo di alcune industrie indiane nel food processing e nella cura della persona.
Gli Stati Uniti daranno ulteriore spinta alla transizione energetica – grazie all’approvazione dell’Inflation Reduction Act – da cui potranno derivare opportunità per le imprese italiane operanti nei settori della meccanica strumentale e degli apparecchi elettrici; la svolta green, supportata anche dall’NGEU, favorirà l’export di questi settori anche in Spagna.
Sace Risk Map 2023: i livelli di rischio delle principali economie
La Mappa dei Rischi 2023 mostra una rischiosità globale media relativamente inalterata rispetto alla precedente, in cui si sottolineava la mancata (auspicata) inversione di tendenza dopo gli incrementi post-pandemia del 2021 (Fig. 5). Ne deriva una “fragile stabilità”, che riflette un’accezione positiva in quanto le principali economie sono riuscite a mantenere un livello di rischio pressoché immutato nonostante le circostanze geopolitiche avverse. Di contro, il mancato miglioramento può essere anche letto come un’“occasione persa” per quei Paesi che – malgrado gli ampi supporti finanziari pubblici o delle multilaterali – non sono riusciti rafforzare i propri fondamentali macroeconomici, lasciando presagire una maggiore esposizione ai rischi del credito, per controparti sia pubbliche che private.
L’andamento dei rischi di credito
Il principale fattore discriminante dei cambiamenti nei profili di rischio, sebbene non l’unico, è legato ai prezzi delle commodity energetiche e alimentari, impattati dal conflitto tra Russia e Ucraina (che vede la prima – principalmente per effetto delle sanzioni internazionali – raggiungere il livello massimo di rischiosità). Ne segue un peggioramento del rischio di credito delle economie importatrici, spesso con debolezze strutturali e contesti operativi fragili (come Tunisia, Bangladesh, Kenya), un’influenza positiva sui Paesi esportatori (ad esempio, Paesi del Golfo, Malesia, Brasile). Al contempo rimangono stabili quelle geografie con una situazione economico-finanziaria consolidata e risorse adeguate a gestire eventuali peggioramenti dello scenario globale (tra cui India, Vietnam, Messico e diversi Paesi avanzati).
In peggioramento gli indicatori di rischi politici
Nell’ambito di un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, l’aggiornamento degli indicatori dei rischi politici fotografa in media un peggioramento rispetto allo scorso anno, in particolare nella componente di violenza politica. Si osserva un deterioramento per i Paesi direttamente coinvolti nel conflitto e nelle aree limitrofe dell’Est Europa e CSI, ma anche in altre aree come riflesso dell’inasprimento delle tensioni sociali dovute all’aumento del costo della vita in contesti economici sotto pressione: dal Nord Africa (Tunisia ed Egitto su tutti) all’Asia (con Sri Lanka, Pakistan e Bangladesh) passando per l’Africa Subsahariana (tra cui Nigeria e Sudafrica), senza tralasciare l’America Latina (Colombia, Brasile e soprattutto Perù). Sottostanti a tali peggioramenti vi sono anche questioni irrisolte da tempo e legate al deterioramento del contesto di benessere sociale, elemento fondamentale di stabilità dei sistemi socioeconomici e garanzia del loro sviluppo sostenibile.
Diffuso deterioramento degli indicatori di rischi climatici
Anche gli eventi naturali estremi legati al cambiamento climatico, divenuti sempre più frequenti, diffusi e repentini, generano impatti fortemente negativi sugli equilibri socio-economici non solo locali ma anche internazionali, e sono quindi fattori sempre più integrati nelle valutazioni del rischio d’impresa. Gli indicatori di rischio climatico presentano un diffuso deterioramento: l’area asiatica è quella più esposta e con il peggioramento più marcato - con temperature in aumento due volte più rapidamente rispetto alla media globale – insieme all’Africa nei suoi diversi quadranti regionali (dalle alluvioni in Sudafrica e Nigeria, alla desertificazione del Sahel e ai cicloni in Madagascar, Malawi e Mozambico). Fenomeni critici estremi anche nei Caraibi e nel cosiddetto «corridoio secco» in Centroamerica. E la siccità è altresì all’origine del peggioramento in Medio Oriente e in Nord Africa.
Fonte: SACE Mappa dei Rischi 2023
In crescita le insolvenze delle imprese italiane
Nel corso del 2022, le insolvenze delle imprese italiane sono diminuite su base annua (-20,3%) grazie alla crescita del Pil superiore alle attese che ha riflettuto, inter alia, la capacità di resilienza dell’industria manifatturiera e la buona performance delle costruzioni, in un contesto fiscale di sostegno alla crisi energetica e avanzamento del PNRR.
In uno scenario di indebolimento macroeconomico, l’aumento dei tassi di interesse inizierà a produrre effetti restrittivi e al contempo la crescita dei prestiti bancari ha già iniziato a rallentare, con potenziali ripercussioni sulla capacità di rimborso delle imprese. Nonostante nel primo trimestre del 2023 le procedure gravi (ex fallimenti) siano stimate ancora in flessione su base tendenziale, in media d’anno si prevede un profilo di crescita del numero delle insolvenze (+26,0%). Il numero di procedure gravi continuerà, però, a essere inferiore al livello «normale»; una parte non trascurabile di questo incremento atteso rifletterà, tra l’altro, le insolvenze previste per le cosiddette imprese “zombie".

L'AUTORE
Alessandro Terzulli
Chief Economist, SACE
Chief Economist, SACE
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