Sostenibilità

ESRS: come rendicontare la sostenibilità con le nuove leggi europee?

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Adottati a luglio 2023 dall’UE, gli ESRS sono i nuovi standard europei per la rendicontazione della sostenibilità. Di cosa si tratta? Leggi di più su Cribis.

Adottati ufficialmente dalla Commissione Europea il 31 luglio 2023, gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) rappresentano un’importante novità nella rendicontazione non finanziaria delle imprese. Obbligatori per le aziende soggette alla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), sono destinati ad avere un forte impatto su tutto il tessuto imprenditoriale, a prescindere dalla dimensione aziendale e dal settore di appartenenza. Ma come si misura la sostenibilità con le nuove leggi europee?

Questo l’argomento approfondito nel webinar organizzato il 6 ottobre 2023 da CRIBIS "Imprese e sostenibilità: i nuovi standard ESRS per la rendicontazione ESG"*.

 

Imprese e sostenibilità: importanza dei fattori ESG e della rendicontazione

 

Il complesso e incerto contesto che stiamo vivendo, caratterizzato da conflitti, inflazione e rincari generalizzati, sta alimentando non pochi timori nelle imprese italiane, soprattutto le micro e piccole, che guardano al futuro con una certa preoccupazione.

Ad accrescere i dubbi e le domande si aggiungono ora i nuovi standard europei per la rendicontazione ESG introdotti dall’Unione. Del resto, se è vero che la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) si applica solo ad alcune aziende, è altrettanto vero che esiste inevitabilmente un effetto domino su tutte le imprese. Nessun attore del mondo imprenditoriale, dunque, può dirsi completamente immune alla direttiva comunitaria.

Non a caso molte aziende si stanno strutturando per avere al proprio interno figure professionali, se non addirittura comitati specifici, che si occupano e gestiscono i fattori ESG.

Del resto, la sostenibilità è oggi uno degli aspetti trainanti del business, quindi non un fattore a sé stante ma parte fondamentale della crescita futura delle aziende. Un elemento che non solo deve essere misurato e valutato all’interno della singola azienda ma anche a livello di supply chain.

Come anticipato, la nuova direttiva UE ha generato una certa confusione, ma la rendicontazione è meno complessa di quanto ci si potrebbe aspettare ed esistono strumenti che possono aiutare le imprese a redigere i report con poco sforzo.

 

Come si misura la sostenibilità?

 

Partiamo con il capire cosa si intende per sostenibilità. In questo ci viene in aiuto il concetto espresso dalla Commissione Brundtland del 1987: “soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni”, che si traduce in un tema di responsabilità verso chi verrà dopo di noi, da un lato, e in un tema di bisogni, dall’altro.

Proprio perché i bisogni sono complessi, in quanto estremamente variegati, si è cercato di studiarli e misurarli. E quindi entrano in gioco i rating.

Se il rating finanziario si basa su delle quantità finanziarie facilmente valutabili (ricavi, costi, margini, asset, debiti…) usate per calcolare la probabilità di default o di ripagare i propri finanziamenti, fare un rating sulla sostenibilità è un po’ più complesso perché ha a che fare con il tema dei bisogni (felicità, equilibrio vita-lavoro…).

Per questo motivo circa trent'anni fa degli analisti hanno cominciato a studiare dei rischi che non fossero in bilancio e a mappare dei fattori che inizialmente vennero definiti “non finanziari” e che oggi definiamo più propriamente rischi di sostenibilità.

Vengono così identificati i fattori ESG che concorrono alla definizione di questi rischi di sostenibilità.

 

Essendo lo sviluppo sostenibile un’esigenza impellente e dopo aver richiesto a mercati finanziari e banche una maggiore attenzione verso la sostenibilità, ecco che oggi, con la CSRD, l’UE arriva a chiedere alle aziende la redazione di un nuovo bilancio di sostenibilità che nel giro di qualche anno impatterà, a cascata, anche sulla più piccola realtà.

Vista l’importanza di questi fattori, il legislatore è intervenuto per regolamentare e uniformare la valutazione dei criteri ESG, arrivando così alla definizione degli ESRS.

 

Standard ESRS: più concreti e semplici di quanto si possa pensare

 

Se la mappa degli ESRS può sembrare un rompicapo, è bene ricordare che altro non sono che una diretta espressione di fattori ESG con cui le imprese hanno familiarità da tempo.

 

Il Fattore Ambientale (E)

 

Pensiamo al fattore ambientale (E). Potrebbe essere complicato per le aziende più piccole rispondere alla domanda se avessero predisposto un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici, ma è molto probabile che sappiano rispondere se stanno facendo qualcosa per ridurre le proprie emissioni, se le hanno misurate e come pensano di intervenire per contenerle. O se ha adottato delle misure di adattamento tali da permettere all’azienda di continuare l’attività anche in caso si verifichi una calamità climatica. O ancora quanta acqua utilizzano nel loro processo produttivo.

Si tratta di aspetti molto concreti che hanno a che vedere con l’operatività reale dell’impresa di cui l’imprenditore necessariamente ha contezza.

 

Il Fattore Sociale (S)

 

Considerando invece il fattore social (S), non è complicato andare a vedere quanti uomini e quante donne lavorano in azienda, verificarne i compensi per rendersi conto di eventuali gender pay gap, sapere se esistono persone che appartengono a una minoranza, quanti presentano una disabilità, che tipo di contrattualizzazione hanno i lavoratori, l’orario di lavoro e così via.

La direttiva UE non entra nel merito della situazione aziendale, ma chiede trasparenza: se ci sono delle disparità devono essere inserite nel bilancio di sostenibilità.

Il fatto di dover rendicontare queste informazioni permette alle aziende di prendere coscienza di possibili anomalie interne e di porsi nella condizione di pensare a come sanarle.

Al tempo stesso, l’impresa inizia a prendere in considerazione anche il contesto in cui operano e come i fornitori trattano i loro dipendenti e se hanno un codice etico, arrivando a mappare i fornitori più virtuosi e quelli meno.

Si procede quindi a cerchi concentrici, prima l’azienda prende in esame le condizioni interne, poi quelle dei fornitori, poi le condizioni della comunità in cui opera, facendo considerazioni su come l’azienda è percepita, fino ad arrivare ai clienti finali e alla misurazione della loro soddisfazione. 

Sembra complicato? Pensiamoci bene, tutte le aziende misurano la soddisfazione dei propri clienti e la propria reputation.

 

Il Fattore Governance (G)

 

Idem per il fattore governance (G). Ogni impresa è in grado di valutare la propria attinenza a compliance e due diligence, come conosce il proprio business model.

Ancora una volta, stiamo parlando di variabili che già vengono prese in considerazione nell’attività aziendale.

 

Cosa fare per migliorare il proprio score ESG?

 

In Synesgy tutte queste variabili vengono inserite in un questionario di immediata comprensione e compilazione che permette di ottenere uno score ESG.

Più alto è lo score e più facile sarà:

- accedere al credito

- avere condizioni più vantaggiose (tasso d’interesse) sui finanziamenti

- avere migliori condizioni quando si stipulano polizze assicurative.

 

Fra l’altro, migliorare il proprio score non solo è possibile, ma si riesce a farlo anche a costo zero. Ecco come:

 

 

In conclusione, prendersi cura del pianeta e degli esseri umani conviene all'azienda e converrà sempre di più. Farlo non è complicato, tutto sta nell’inglobare gli indicatori ESG nell’operatività quotidiana, rendendo estremamente concreto e reale il proprio impegno verso un futuro davvero sostenibile.

 

*Questo testo è tratto liberamente dal corso di formazione per i clienti CRIBIS, in particolare dall’intervento di Luca Bonaccorsi, Direttore Sostenibilità, PwC.

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L'AUTORE

I contenuti di Cribis sono curati direttamente dai nostri professionisti riconosciuti in ambito internazionale e impegnati da anni nella gestione e recupero crediti, finanza alternativa, fintech, supply chain e tanto altro. Scopri di più sui nostri autori.

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